Fede e malattia nel libro-testimonianza di fr. Alessandro Cavicchia ofm
Intervistiamo Fr. Alessandro, 53 anni, che nel suo ultimo libro ci parla del rapporto essenziale tra dolore e fede. Dalla sua viva esperienza di Cappellano tra i malati del Policlinico Gemelli emergono preziose riflessioni e la consapevolezza che "non esiste una forza superiore a Dio stesso per affrontare qualsiasi crisi".
Come nasce l’idea di questo libro?
L’idea del libro è nata nei reparti del Gemelli, durante il mio ministero come cappellano, tra tanti volti e storie incontrate, i tanti ascolti. L’ingresso della malattia nella nostra vita causa una profonda crisi, lo sconvolgimento di un equilibrio che ha bisogno di essere preso in cura tanto quanto il male fisico. Il vissuto interiore durante la malattia merita attenzione, ascolto, ha bisogno di essere messo a tema e accompagnato.
Più recentemente, poi, durante la pandemia, ciò che è vissuto nel segreto è come se fosse stato vissuto in modo pubblico e globalizzato, soprattutto nel nostro contesto di iper-informazione. Tuttavia, anche in questo caso, è mancata una cura del vissuto interiore e dello sconvolgimento che la pandemia ha reso globale. Il bisogno di attenzione e di cura rivolto al singolo malato diventa quasi un bisogno di massa. Credo che occorra una maggiore attenzione a questo. Non è detto che lo tsunami mediatico, la pioggia di informazione aiuti a ricostruire un equilibrio sconvolto dalle tante misure di emergenza.
Talvolta sembra piuttosto che favorisca l’aumento della confusione. Anche il dramma della mancanza di fiducia nelle istituzioni, che mi pare stia alla base di un fenomeno tanto delicato come quello dei no-vax, chiede non tanto di essere criticata o stimmatizzata, ma ha bisogno una grande attenzione e una cura adeguata. Credo infatti, che tale resistenza, potrebbe essere indizio della difficoltà ad adattarsi al clima di estrema incertezza dato da una pandemia, una malattia globalizzata. Una normale malattia getta nell’incertezza, una pandemia crea una incertezza globalizzata, che non tutti sono in grado di gestire.
Il testo intende aiutare a prendere coscienza del proprio vissuto e a mettere in gioco le proprie risorse per affrontare in modo vitale, da protagonista la pandemia, ma anche ogni malattia, e, se vogliamo, ogni tipo di crisi. È il dono della speranza in un clima di instabilità, ancorandosi sulle proprie risorse e, soprattutto, sulla fede.
A chi è rivolto questo libro?
Il libro è rivolto a chiunque voglia riflettere sugli effetti di una malattia nella propria vita, e ora in questo contesto di pandemia, sugli effetti della pandemia stessa nella nostra esistenza. È rivolto a chi si trova ad affrontare una malattia, in sé o nei propri familiari, a chi si occupa di accompagnare i malati, come i cappellani o gli operatori sanitari.
Raccontaci cosa è la speranza per te...
La speranza è una capacità interiore di vedere, di riformularsi e di riprogettare la propria esistenza, e di rimettersi in azione durante o dopo momenti di crisi.
La speranza è la capacità di mettere a frutto le proprie reali risorse in un momento in cui una crisi sconvolge il proprio equilibrio ordinario. La speranza, sorella della fede e della carità, cresce in modo straordinario quando trova il dono della luce divina nel proprio percorso. Si parla di crisi dei sacramenti. Si tratta di una insensatezza. I sacramenti rendono presente il Signore Gesù. Non esiste una forza superiore a Dio stesso per affrontare qualsiasi crisi. Rinunciare alla fede e ai sacramenti è un grave errore. Per questo il libro è anche un annuncio e un invito alla fede, volendone mostrare la forza soprannaturale.
In questo tempo parli di speranza quando tutto sembra dire il contrario. Come vivere la speranza nel quotidiano?
L’accettazione della perdita è un momento decisivo per affrontare una crisi. Accettare che qualcosa che c’era e che faceva parte della propria identità profonda, ora, nella nuova condizione, non c’è più, è di fondamentale importanza. Si può trattare della salute, del lavoro, o di qualsiasi altro aspetto della nostra esistenza. L’accettazione è necessaria alla costruzione di un nuovo quadro di senso della propria vita e a sapersi riformulare verso nuovi obiettivi, con tutta la propria energia. Trovare nuovi orizzonti che diano senso alle esperienze di perdita e riformulino il cammino verso il futuro, questo dà gioia! Per questo dico che nel tempo della malattia le risorse della persona, pur ridotte, sono di fondamentale importanza.
C’è un aspetto che consideri particolarmente significativo?
La relazione è costitutiva della nostra identità, sempre, ma soprattutto nei tempi di difficoltà. Vivere le relazioni significative con profondità è ciò che riempie di gioia anche i momenti difficili.
L’accompagnamento, il farsi prossimo nei momenti di crisi, o il saper chiedere aiuto, può essere perciò decisivo per affrontare la pandemia e ogni tipo di crisi.
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